Negli Stati Uniti gli scienziati hanno individuato il primo caso di batteri resistenti agli antibiotici e che non può essere sconfitto nemmeno dai medicinali di ultima generazione.
Un caso che può non essere isolato e che alimenta il rischio di una pandemia.
Si parla dell’allarme lanciato dalla politica mondiale “sull’apocalisse antibiotica e il sopravvento di alcuni batteri che annienteranno la popolazione”. Ma la politica, al di là degli annunci, cosa sta facendo, realmente, per sradicare il problema alla radice? Poco o niente.

Per esempio non si mettono in discussione una delle cause principali: gli allevamenti intensivi dentro cui finisce il 70% degli antibiotici prodotti nel mondo. L’Unione Europea ha analizzato gli intestini degli avicoli al macello provenienti dagli allevamenti intensivi e ha trovato percentuali di batteri resistenti agli antibiotici preoccupanti. Batteri che ritroviamo nel piatto perché le linee di macellazione non proteggono integralmente dalla contaminazione. Comunque, la Commissione Europea si è accorta del problema tardi e si limita a fare pochi controlli.
Secondo un rapporto commissionato dal governo Cameron all’economista Lord O’Neil, siamo ormai a un passo dalla pandemia, ovvero un’epidemia estesa a livello globale, che nel 2050 rischia di fare dieci milioni di vittime all’anno, più del cancro.

Il conto per l’economia mondiale sarebbe devastante. La Danimarca, e soprattutto i Paesi Bassi, hanno ridotto il rischio di infezione negli ospedali facendo progressi importanti, e in Italia? Nonostante gli esperti conoscano le cause non si mette mano seriamente al problema, anzi: non sembra esserci interesse a renderlo noto. Eppure, il tasso di resistenza è tra i più elevati d’Europa, per i batteri più pericolosi. Siamo di fronte a un’epidemia che va affrontata con le giuste armi e bisogna individuare le strategie più efficaci.
«I super batteri resistenti agli antibiotici trovato nelle urine della signora americana non è una novità, ma l’ennesima segnalazione di qualcosa che ormai sta avvenendo con una certa frequenza».
È realistica la presa d’atto di Massimo Andreoni, direttore dell’Unità di Malattie Infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma, professore di Malattie Infettive all’Università Tor Vergata e past president della Società italiana di malattie infettive.

«Il problema della multi-resistenza riguarda alcuni batteri Gram-negativi, in particolare Klebsiella, Acinetobacter, Escherichia Coli, Proteus e Pseudomonas. È ormai abbastanza frequente nella pratica clinica incontrare questi germi in pazienti che magari sono ricoverati per altre patologie, non infettive».
La questione è seria, riguarda la sanità pubblica e va affrontata con le giuste armi. «La diffusione dei super batteri è un’escalation, la multi-resistenza si sta diffondendo non solo negli ospedali ma anche sul territorio, nelle case di riposo per anziani, nei centri di lunga degenza.
In Italia i batteri resistenti agli antibiotici uccidono ogni anno 10-20mila persone; siamo di fronte a un’epidemia che va affrontata con le giuste armi e bisogna individuare le strategie più efficaci.
Per questo grave problema l’argento colloidale sarebbe un’ottima soluzione grazie alle sue doti antibatteriche, antibiotiche e antifungine. A differenza dell’ antibiotico, che uccide una mezza dozzina di differenti organismi patogeni, l’argento colloidale ne elimina circa 650 in pochi minuti; inoltre rinforza il sistema immunitario.

I ceppi resistenti non riescono a svilupparsi quando viene usato l’argento, mentre per il nostro organismo è assolutamente atossico. La ricerca biomedica ha dimostrato che nessun microrganismo monocellulare non è in grado di sopravvivere più di qualche minuto in presenza di una traccia, seppur minuscola, di argento metallico.
FONTI
ilfattoquotidiano.it
corriere.it
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